Sabato 18 marzo 2017, presso Palazzo Tardiani, nella prestigiosa sede dell’Unione dei Comuni delle Valli del Taro e Ceno (Piazza XI Febbraio) a Borgotaro (Parma), “MUP Editore” ha presentato il volume “Ermanno Stradelli un grande esploratore dimenticato” a cura di Corrado Truffelli.
Sono intervenuti Diego Rossi (Sindaco di Borgotaro), Alessandro Cardinali (Consiglieri Regionale Emilia Romagna), Marzio Dall’Acqua (MUP Editore), Giacomo Bernardi (Associazione Emanuelli), Corrado Truffelli, curatore del volume.
In occasione della presentazione è stato esposto il libro Tempo sciupato versi di Ermanno Stradelli (1877), conservato nel fondo antico della Biblioteca Manara
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Approfondimento nel post Giacomo Bernardi – “Ermanno Stradelli (Mayra Rayra: il figlio del grande serpente)” da: Ar Lünariu burg’zan 1986 – Borgotaro (PR)
Il volume, curato da Corrado Truffelli, ripercorre la vita di Ermanno Stradelli che, per anni dimenticato, viene oggi riconosciuto come uno dei più grandi esploratori.
Il volume, di ben 439 pagine, è diviso in due sezioni: la prima dedicata al profilo biografico dello Stradelli, la seconda, invece, riservata agli scritti inediti di questo grande esploratore.
Ermanno Stradelli è nato a Borgotaro nel 1852 e ha visto la luce nell’edifico che si trova in Via Nazionale di fronte al Municipio.
Figlio del Conte Francesco e dell’altrettanto nobile Marianna Duglas Scotti, Ermanno visse per circa 40 anni tra gli indios dell’Amazzonia.
Di lui sono apparsi articoli nel “Lünariu burg’zan 1986” e in quello del 1993.
Ma, ora, a parte le notizie biografiche, potremo leggere le sue opere che riguardano i miti, la religione, i costumi, i rituali magici di quelle tribù, prima d’allora sconosciuti.
Il conte Ermanno Stradelli il libro Tempo sciupato versi di Ermanno Stradelli (1877), conservato nel fondo antico della Biblioteca Manara.
Diego Rossi (Sindaco di Borgotaro), Alessandro Cardinali (Consiglieri Regionale Emilia Romagna)
, Marzio Dall’Acqua (MUP Editore),
Giacomo Bernardi (Associazione Emanuelli),
Corrado Truffelli, curatore del volume.
Il numeroso pubblico
Di seguito l’ultima parte dell’intervento di Giacomo Bernardi.
Ermanno Stradelli un grande esploratore dimenticato.
In questa parte finale ho cercato di “inventarmi” una chiusura che potesse offrire una spiegazione al perché il nostro Ermanno, ricco, giovane, di buona e più che agiata famiglia, detentore del titolo di conte, abbia scelto di vivere 40 anni nelle selve dell’Amazzonia.
“……. Questo veloce excursus, a dimostrazione di quanto importante sia stata la famiglia Stradelli, ma anche di quanto fosse stimata ed apprezzata questa casata, se è vero che il padre e il nonno di Ermanno presero in moglie due nobildonne appartenenti a famiglie di grande prestigio: Marianna dei Conti Duglas Scotti di Vigoleno, il primo, e Angela dei Conti Bertucci il secondo.
Resta da chiederci come mai Ermanno, avviato agli studi di legge, poi anche laureatosi, con la possibilità, quindi, che il già avviato studio dello zio, gli avrebbe potuto assicurare una vita agiata, ricca, in discesa… come mai lui abbia scelto una via avventurosa, interessante ma difficile, pericolosa, piena di incognite. Non solo per i viaggi, non in aereo, ma chissà con quali modesti e poco sicuri mezzi marittimi, ma anche i pericoli che avrebbe potuto incontrare nel corso delle esplorazioni. Perché questa scelta?
Il volume contiene anche una poesia, tratta da una raccolta dal titolo, assai significativo, “Tempo sciupato” che Ermanno, allora venticinquenne, volle dare alle stampe.
L’ultima poesia della raccolta, riguarda un abbandono subito da parte di una donna, forse una bella burgh’zan-na? Chissà. Ha un titolo: Addio!
Ve la leggo:
Non m’ami più? Pazienza; bella mia,
io mi metto il core in pace.
Non m’ami più? Pazienza, così sia
fa quello che ti piace.
Già lo sapeva che non dura eterno
l’amore, è come il fior che nasce il verno
Eri buona, eri bella, eri gentile
Ed io quasi t’amava.
Ho sognato un istante e la sottile
visione s’involava.
Ebben, buon viaggio, addio, da buoni amici.
Auguriamoci, divisi, ore felici.
E’ buono lo sciampagna quando spuma
scoppiettando, l’amore
è bello se la gioia lo profuma,
ma se ci stanca muore.
Meglio è rompere a tempo che aspettare
che più non ci si possa sopportare.
Buon viaggio, addio, se que’ begli occhi neri
trovar non potrò ancora,
se non ritroverò que’ tuoi leggeri
capelli bruni, allora
d’un folto crine d’or mi terrò pago,
e di due occhi del color del lago.
Se quelle care dita affusolate
del color delle rose,
non troverò le tue forme slanciate
le serpentine pose –
Pazienza, so adattarmi e paffutella
l’amerò – Non sei sola ad esser bella.
Ma se tu credi nell’abbandonarmi
che più non siavi al mondo
un’altra donna fatta per amarmi…
Torna- Lo dico tondo
Mi adatto presto, il sai, mia bella ingrata,
io adoro sempre, l’ultima arrivata.
*
Fu, forse, una delusione amorosa a spingere Ermanno verso l’ignoto, verso l’avventura?
Trovò là, in quella terra lontana, in quei quarant’anni, là trascorsi, la sua ragione di esistere?
Gli indios, le leggende, i canti, le tradizioni, la cultura divennero loro, l’oggetto del suo amore?
Quando il fratello lo richiamò con la scusa dei bisogni della famiglia, egli provò, a malincuore, a tornare, ma alla visita, prima dell’imbarco, lo trovarono affetto dalla malaria. Trascorse la quarantena a Manaus, solo, in una casetta, circondato dai suoi scritti e dal materiale raccolto.
E lì morì, in quella terra che lui aveva tanto amato. E che forse aveva sostituito nel suo cuore la burgh’zan-na dagli occhi neri.
Sulla quarta di copertina del libro che stiamo presentando, trovo quattro righe sue che ben si prestano, forse, a dare una risposta e a chiudere il mio intervento
Pellegrino, da estranee terre venuto,
ma di questa terra, più che figlio, amante,
una debole voce innalzo, a cui dà forza
l’amore e canto.
Sì, lo dice lui, DI QUESTA TERRA AMANTE. Forse, mi piace pensare, in sostituzione d’la bèla burgh’zan-na che lo aveva tradito o rifiutato.
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